Sicurezza dispositivi IoT: 20 buone pratiche consigliate dall’ACN

Telecamere IP, sistemi di videosorveglianza, dispositivi IoT e controller industriali sono ormai parte integrante delle nostre vite, sia in ambito domestico che aziendale. Ma ogni volta che un dispositivo si connette a Internet, diventa anche un potenziale punto di accesso per un cybercriminale.

L’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) ha quindi pubblicato una serie di raccomandazioni e buone pratiche per ridurre la superficie d’attacco e minimizzare le possibilità che questi asset diventino la “porta d’ingresso” per attività malevole.

 

La percezione del rischio: il primo step per la sicurezza dei dispositivi IoT

L’ACN ha sottolineato un aspetto spesso sottovalutato: la percezione del rischio. In molti casi, utenti e organizzazioni non considerano vulnerabilità pericolose una configurazione errata o un accesso remoto lasciato aperto; eppure, i rischi sono reali, dalla violazione della privacy (immagini e dati sensibili accessibili dall’esterno), alla compromissione dei sistemi di controllo remoto, all’utilizzo degli stessi dispositivi compromessi come trampolino per lanciare ulteriori attacchi verso terzi.

Il CSIRT Italia, che monitora costantemente lo scenario nazionale, ha registrato un aumento dei casi di spionaggio “privato” attraverso applicazioni, telecamere, router e sistemi di supervisione industriali. La causa principale? Errate configurazioni, automatismi di deployment poco sicuri e scarsa consapevolezza tecnica. Una combinazione che amplia la superficie d’attacco e offre nuove opportunità a cybercriminali di ogni livello, dalle organizzazioni strutturate fino agli attori meno esperti ma ugualmente pericolosi con soluzioni as-a-service pronte all’uso, in vendita sul dark web.

 

I consigli di ACN per i contesti aziendali, industriali o istituzionali

Quando si parla di sicurezza in ambienti aziendali e industriali, serve sempre una strategia struttura e completa. La complessità attuale – reti ibride, cloud, IoT e telelavoro – richiede un approccio integrato e multilivello, per questo ACN ha pubblicato 20 buone pratiche pensate per creare un perimetro più sicuro e ridurre i rischi legati all’esposizione di servizi remoti. Vediamo come tradurle in azioni concrete, con esempi e casi d’uso.

Formazione continua del personale

La prima linea di difesa resta l’utente. Non è sufficiente formare il personale una volta l’anno: occorrono programmi continui, con simulazioni di phishing, workshop pratici e aggiornamenti periodici. Un dipendente consapevole è più difficile da ingannare e si riduce drasticamente i rischi di attacchi basati sull’errore umano.

Password robuste e gestione centralizzata

La gestione manuale delle credenziali non è più sostenibile. Servono soluzioni di Password Manager aziendali e sistemi di Identity Access Management (IAM) che eliminino la duplicazione delle credenziali e permettano di revocarle in tempo reale.

Principio del Least Privilege

Il modello “tutti hanno accesso a tutto” è molto pericoloso. Applicare il Least Privilege significa che ogni utente, dispositivo o applicazione può accedere solo a ciò che è strettamente necessario per svolgere il proprio compito. Così, anche in caso di compromissione, i danni restano circoscritti.

Aggiornamento costante di firmware e patch

Molti attacchi sfruttano vulnerabilità note: automatizzare i patching process è essenziale, sia per i sistemi operativi che per i dispositivi OT/IoT.

Autenticazione multifattoriale (MFA)

Il multifactor authentication è oggi una condizione minima per proteggere gli accessi remoti. Non basta più la password: OTP, token hardware e app di autenticazione aumentano notevolmente la sicurezza.

Segmentazione di rete

Separare i sistemi critici dal resto della rete è un obbligo. VLAN dedicate, micro-segmentazione e subnet isolate riducono le possibilità che una compromissione si propaghi. È il concetto di “contenimento”: un attacco a un device IoT non deve mettere a rischio l’ERP aziendale.

VPN sicure e abolizione dell’esposizione diretta

Esporre RDP, VNC o SSH su Internet equivale a lasciare la porta di casa aperta. Gli accessi devono passare solo da VPN robuste, cifrate e con MFA obbligatorio.

Disabilitazione dei servizi non necessari

Molti attacchi sfruttano porte e servizi dimenticati. Fare un audit periodico dei servizi attivi e chiudere tutto ciò che non serve riduce la superficie d’attacco.

Firewall avanzati e sistemi IDS/IPS

Non basta più un firewall tradizionale. Servono soluzioni capaci di analizzare il traffico, bloccare comportamenti anomali e rilevare intrusioni in tempo reale. Integrati con un SIEM, consentono un monitoraggio centralizzato e più visibilità sull’infrastruttura.

Controllo degli accessi e revisione periodica

Le autorizzazioni non devono essere eterne. È fondamentale programmare revisioni trimestrali o semestrali, rimuovendo privilegi a chi non ne ha più bisogno. Il modello RBAC (Role-Based Access Control) riduce il rischio di abusi e facilita la governance.

Soluzioni avanzate di protezione endpoint

Gli antivirus non bastano: occorre adottare soluzioni di Endpoint Detection & Response (EDR) o XDR per individuare comportamenti sospetti e bloccarli prima che diventino incidenti.

Incident Response Plan (IRP)

Non si tratta di chiedersi “se” ci sarà un attacco, ma “quando”. Avere un piano di risposta pronto, testato e aggiornato significa ridurre i tempi di reazione e i danni economici e reputazionali.

Geofencing e whitelist IP

Un sistema critico accessibile solo da un determinato range di IP o da specifiche aree geografiche è molto più difficile da compromettere. Questa pratica, semplice da implementare, è spesso trascurata.

DNS sicuri e firewall DNS

Bloccare preventivamente i domini noti come malevoli attraverso un DNS sicuro o un sistema di sinkhole riduce drasticamente i rischi di phishing e command & control.

Vulnerability assessment e Penetration test

Le vulnerabilità cambiano nel tempo. Test periodici, interni ed esterni, aiutano a individuare i punti deboli prima che lo facciano gli attaccanti.

Modello Zero Trust

Zero Trust significa non fidarsi mai e verificare sempre: ogni accesso, ogni device, ogni richiesta deve essere autenticata e validata. È un approccio che abbatte i rischi derivanti da compromissioni interne o lateral movement.

Implementazione di backup sicuri e regolari

Il backup non serve solo per i dati: anche configurazioni di router, firewall e server devono essere salvate e custodite in modo sicuro (idealmente offline o in cloud cifrato). È la chiave per un ripristino rapido.

Governance, policy e audit

Serve una framework di governance: policy di sicurezza formalizzate, audit periodici e conformità normativa (ISO 27001, NIS2, GDPR). Non solo per essere compliance, ma per creare cultura aziendale e accountability.

Fonti: cybersecitalia.it

acn.gov.it

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