
Quando si parla di cybersecurity, limitarsi all’implementazione di firewall, sistemi di rilevamento delle intrusioni, soluzioni EDR o SOC di ultima generazione rende la strategia totalmente inefficace. È vero, sono tutti strumenti fondamentali, ma che rischiano di rimanere inutili se la rete aziendale continua a essere costruita senza barriere interne.
La Network Segmentation nasce proprio per risolvere questo problema. Non è soltanto una tecnica di configurazione delle reti, ma una vera e propria filosofia architetturale che cambia il modo in cui pensiamo la sicurezza informatica: dall’idea di “proteggere il perimetro” a quella di costruire difese interne, stratificate, capaci di limitare i danni anche quando un attacco va a segno.
Per decenni la sicurezza delle reti aziendali si è basata su un grande muro a protezione di tutto ciò che si trovava all’interno. Finché gli uffici erano centralizzati, i dipendenti accedevano alle risorse dall’interno e i sistemi critici erano ospitati in Datacenter aziendali, questa impostazione funzionava. Oggi però lo scenario è completamente diverso: il cloud ha esteso i confini, lo smart working ha moltiplicato i punti di accesso, l’IoT ha introdotto in rete dispositivi spesso fragili dal punto di vista della sicurezza.
In questo contesto, una rete non frammentata diventa un invito per i cybercriminali: una volta ottenuto l’accesso, il movimento laterale è quasi inevitabile; dal PC compromesso si può arrivare al server HR, dal server HR a quello finanziario e da lì ai dati sensibili dei clienti. È proprio qui che entra in gioco la Network Segmentation, che l’infrastruttura in “zone” indipendenti e controllate, in cui ogni scambio è regolato da policy specifiche.
Network Segmentation: come funziona
Definire la Network Segmentation come “divisione della rete in più segmenti” è corretto, ma riduttivo. Il concetto va visto in ottica strategica: non si tratta solo di creare VLAN o subnet, ma di stabilire regole di accesso coerenti con le esigenze del business e con il livello di sensibilità dei dati.
Un esempio pratico aiuta a capire meglio. Immaginiamo un ospedale. In una rete non segmentata, i dispositivi IoT medicali, i PC degli operatori, i server che conservano cartelle cliniche e il Wi-Fi dei visitatori potrebbero trovarsi tutti sullo stesso piano di comunicazione. Un attaccante che riesce a compromettere un tablet usato da un infermiere avrebbe potenzialmente la strada spianata per accedere anche ai dati dei pazienti. Con la Network Segmentation, invece, ogni tipologia di sistema viene collocata in un’area separata, con regole che limitano le connessioni reciproche.
La segmentazione può essere implementata a vari livelli. Quella fisica, basata su apparati dedicati, garantisce il massimo isolamento ma è poco flessibile. Quella logica, tramite VLAN e routing, è più comune e scalabile. La frontiera più avanzata è però la micro-segmentazione, che consente di estendere il concetto a singole applicazioni, workload e persino processi. È il punto di incontro naturale con i principi Zero Trust, dove non si dà mai per scontato che un accesso sia legittimo, ma lo si verifica continuamente.
Un alleato naturale dello Zero Trust
Negli ultimi anni il paradigma Zero Trust si è imposto come standard di riferimento per la sicurezza IT. La logica è chiara: non fidarti mai, verifica sempre. Ogni utente, dispositivo e applicazione deve essere autenticato e autorizzato, indipendentemente dalla posizione. La Network Segmentation si integra perfettamente in questo approccio. Dove Zero Trust impone controlli continui sugli accessi, la segmentazione crea i confini all’interno dei quali tali controlli vengono applicati. È una combinazione che riduce al minimo i rischi e che, con la micro-segmentazione, diventa ancora più granulare. In ambienti multi-cloud, containerizzati o distribuiti, avere la possibilità di definire policy specifiche a livello di workload è un vantaggio competitivo enorme.
Network Segmententation: perché è diventata indispensabile
I dati lo confermano: gran parte degli attacchi informatici sfrutta il movimento laterale: i ransomware, ad esempio, cifrano un’intera infrastruttura e partono spesso da un singolo endpoint compromesso diffondendosi velocemente proprio grazie a reti non segmentate. La Network Segmentation riduce drasticamente questa possibilità.
Se un sistema viene violato, il danno rimane confinato. Non solo: la segmentazione rende più difficile anche la fase di ricognizione, cioè quel momento in cui un attaccante, una volta entrato, esplora l’ambiente per capire dove dirigersi. Ogni barriera interna è un ostacolo aggiuntivo che allunga i tempi, aumenta le probabilità di essere scoperti e riduce le chance di successo dell’attacco.
Ma i benefici non si fermano qui. Segmentare la rete significa anche semplificare la conformità normativa, perché consente di isolare i dati più critici in zone ben definite, sottoponendoli a controlli rafforzati. In ambito PCI DSS, ad esempio, isolare i sistemi che gestiscono i dati delle carte di credito è un requisito fondamentale. Allo stesso modo, il GDPR richiede misure tecniche adeguate per proteggere i dati personali: la segmentazione rappresenta una di quelle soluzioni concrete che consentono di dimostrare attenzione e responsabilità.
Applicazioni reali e casi d’uso
Nel settore sanitario, la protezione dei dispositivi IoT medicali è cruciale: basta un malware che colpisca un sistema di monitoraggio vitale per mettere a rischio non solo la sicurezza informatica, ma la vita stessa dei pazienti! La segmentazione garantisce che questi dispositivi restino isolati da altre reti, come quella amministrativa o quella dei visitatori; nel settore finanziario, la separazione tra sistemi di pagamento e infrastruttura generale riduce l’esposizione a frodi e semplifica le verifiche degli auditor; nelle infrastrutture critiche, la segmentazione è addirittura un obbligo. Impedire che un attacco all’IT possa propagarsi all’OT significa proteggere centrali elettriche, impianti industriali e reti di distribuzione idrica. Persino nel retail e nell’e-commerce, segmentare i sistemi che gestiscono i dati di pagamento da quelli che si occupano di logistica o marketing è un modo per ridurre il rischio e proteggere la fiducia dei clienti.
Normative e standard
Non si tratta solo di una buona pratica: la Network Segmentation è citata o implicita nei principali standard internazionali. Il NIST SP 800-215 fornisce linee guida specifiche per ridurre il rischio di movimento laterale. La nuova versione della ISO 27001 inserisce tra i controlli obbligatori la segregazione di utenti, sistemi e servizi. Gli standard PCI DSS, come detto, richiedono esplicitamente di isolare i sistemi che trattano dati di pagamento. Anche il GDPR, pur senza menzionarla direttamente, presuppone l’adozione di misure come la segmentazione per proteggere i dati personali.
Uno sguardo al futuro: dove sta andando la Network Segmentation
Il percorso evolutivo della Network Segmentation non si ferma qui. Se oggi rappresenta già un pilastro della sicurezza informatica, domani sarà chiamata a misurarsi con scenari ancora più complessi, dove le minacce si intrecciano con nuove tecnologie e modelli architetturali. Tre tendenze, in particolare, stanno ridisegnando l’orizzonte della segmentazione di rete: il quantum computing, l’edge computing e l’Internet of Things (IoT).
Quantum computing
L’arrivo del quantum computing metterà in crisi gli algoritmi di sicurezza attuali. In questo scenario, la Network Segmentation diventa una struttura flessibile, pronta a integrare protocolli crittografici “quantum-resistant” e a limitare i danni in caso di nuove vulnerabilità.
Edge computing
Con l’edge computing, i dati vengono elaborati vicino alla loro origine, aumentando efficienza ma anche i punti di attacco. Qui la segmentazione è essenziale per creare micro-barriere distribuite, così che una violazione locale non comprometta l’intera rete.
IoT
L’IoT moltiplica i dispositivi connessi e le potenziali porte d’ingresso. La micro-segmentazione isola sensori e apparecchi vulnerabili, riducendo l’impatto di un eventuale attacco e impedendo che un singolo dispositivo comprometta l’intero ecosistema.